Modulo 1: Gestire le differenze individuali: una pluralità di interventi

1A - Premessa

 

E' parte dell'esperienza quotidiana di ogni insegnante, o di chiunque sia impegnato in un lavoro di formazione con gruppi di persone, percepire la sensazione della difficoltà di gestire l'eterogeneità, ossia la presenza di differenze individuali all'interno di una classe o di un gruppo. "Io sono una/uno, e loro sono trenta" è un'affermazione ricorrente alla fine (o anche all'inizio) di incontri di discussione, lavori di gruppo, seminari di aggiornamento tra insegnanti. Dietro questa constatazione, banale quanto significativa, si percepiscono spesso la preoccupazione, il disagio, l'insoddisfazione derivanti da uno dei dilemmi forse più acuti che può vivere un insegnante, pari forse soltanto a quello, altrettanto "sofferto", relativo alla valutazione degli alunni. Il dilemma si riassume facilmente nel desiderio, da parte degli insegnanti più sensibili, di "individualizzare" quanto più l'insegnamento (o, in termini più attuali, l"offerta formativa"), contrapposto alla difficoltà di far fronte, con le esigue risorse personali e istituzionali disponibili, ad un impegno così gravoso. Il risultato di affrontare "di petto" un dilemma simile si traduce spesso in un senso di impotenza, che genera frustrazione e pessimismo sulla possibilità di intervento: si vedano le parallele osservazioni di Graziella Pozzo sul tema della valutazione (1).

Un dilemma nasce sempre da una visione rigidamente biunivoca della realtà, una visione in cui tutto è bianco oppure nero, in cui non esistono sfumature intermedie, e che porta pertanto ad una filosofia di azione del tipo "tutto e subito, oppure niente mai più". La convinzione sottesa a molte affermazioni sulla gestione della variabilità individuale (comprese molte "indicazioni didattiche" di stampo più o meno ufficiale) è che l"individualizzazione" di obiettivi, contenuti, metodologie, strumenti, criteri di valutazione, o qualunque combinazione di questi e altri fattori, sia l'unica strada percorribile. Se questa "individualizzazione" deve implicare automaticamente e inevitabilmente la stesura di un "curricolo personale" o di un "piano personalizzato" per ogni singolo alunno, è comprensibile la diffidenza e lo scetticismo con cui vengono accolte molte proposte in merito.

Ma porsi un problema non significa necessariamente risolverlo subito e una volta per tutte. Accanto ad un'abilità di problem solving, e di fronte alla complessità di molte situazioni, è forse necessario sviluppare oggi abilità di problem posing, cioè di analisi e comprensione del problema, finalizzate in primo luogo alla gestione flessibile del problema nel quotidiano, cioè nelle situazioni di classe continuamente mutevoli. Questo significa adottare una visione almeno in parte alternativa a quella del "dilemma secco", esplorando invece tutta la zona intermedia tra il "tutto" e il "nulla", e (ri)ponendosi alcune domande-chiave, come, ad esempio:

·         in quali sensi le persone sono diverse quando imparano?

·         come queste diversità condizionano i processi di apprendimento e di insegnamento?

·         che cosa implica riconoscere e valorizzare le diversità?

·         è opportuno "individualizzare"? In che senso? Entro dei limiti?

·         quale gamma di opportunità di intervento è possibile ipotizzare per gestire nel quotidiano la variabilità delle persone?

 

Un momento per riflettere ...

Quale è stata finora la tua esperienza al riguardo, sia come studente che come docente?

(1) Pozzo, G. 2001. "Il continuum della valutazione: la valutazione formativa e i suoi strumenti" in Gattullo, F. La valutazione degli apprendimenti linguistici. Firenze: La Nuova Italia, Collana LEND.

 

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