INSEGNARE L’ASCOLTO: DAI PRINCIPI DI METODO ALLE STRATEGIE DIDATTICHE

 

Luciano Mariani

 

La comprensione della lingua orale, in quanto abilità ricettiva, ha a lungo sofferto di un’ambiguità di fondo, consistente nell’equiparazione tra  “ricettivo” e “passivo”, con il corollario che la comprensione potesse realizzarsi in modo quasi automatico, con scarse possibilità di intervento didattico. Con l’avvento delle metodologie comunicative, tuttavia, l’ascolto si è venuto sempre di più configurando come un’attività comunicativa che richiede il pieno coinvolgimento cognitivo e affettivo dell’ascoltatore.

 

D’altronde, sentire (recepire cioè dei suoni tramite il canale uditivo) non equivale ad ascoltare (predisporsi ad un’attività consapevole), né ascoltare è necessariamente sinonimo di comprendere: in realtà, chi ascolta sente un input, cioè il discorso verbale in entrata, solitamente mescolato ad altri segnali sonori come i rumori di fondo, e da questo input seleziona indizi per potersi costruire un modello o rappresentazione mentale del messaggio che il parlante sta cercando di trasmettere (Anderson e Lynch 1988). In questa ottica, l’ascolto è veramente un processo sommamente attivo.

 

Il questionario che segue elenca innanzitutto otto principi generali (1-8)  largamente condivisi a livello di ricerca metodologica sull’ascolto, ma dei quali il lettore è invitato a giudicare la rilevanza per il proprio personale contesto di lavoro. Segue un elenco di strategie didattiche correlate agli otto principi, identificate da lettere (ad esempio 1A, 1B). Anche in questo caso il lettore è invitato a considerare quanto già utilizza queste strategie nel proprio lavoro o quanto rilevanti potrebbero essere nel proprio contesto. In tal modo si può migliorare la consapevolezza delle proprie pratiche didattiche e, al contempo, ragionare sulle convinzioni profonde ad esse sottese.

 

Otto principi-chiave per l’ascolto

 

 

Nel mio attuale contesto di lavoro  è un principio …

non molto rilevante

abbastanza rilevante

molto rilevante

1. L’ascolto può essere unidirezionale (come accade quando si ascolta la radio o una registrazione), ma nella vita reale è spesso reciproco/collaborativo (come nella conversazione quotidiana): in questo secondo caso il buon ascoltatore è chi sa parlare e porre domande al momento giusto, e il buon parlante è chi sa ascoltare e reagire al proprio interlocutore.

 

 

 

2. Oggi le situazioni di ascolto non si limitano al solo codice/canale fonico-uditivo (= suoni), ma spesso coinvolgono e integrano anche i codici/canali visivo e grafico (= immagini e parola scritta, come i sottotitoli nei film). Questo vale anche per la classe di lingua: si guarda ascoltando, si ascolta guardando.

 

 

 

3. L’ascolto è un processo costruttivo, che implica un ascoltatore attivo e consapevole: una persona che sa perché ascolta (ha uno scopo), che cosa ascolta (seleziona le informazioni rilevanti) e come ascolta (sceglie le strategie più appropriate).

 

 

 

4. I compiti di ascolto devono costituire per lo studente una sfida ottimale: né troppo facili, né troppo difficili – in altre parole, essere impegnativi ma realizzabili.

 

 

 

5. La comprensione implica sia processi bottom-up, dal basso verso l’alto (ossia la decodifica di elementi discreti, a partire dal riconoscimento di singoli suoni fino alla comprensione dell’intero messaggio) sia processi top-down, dall’alto verso il basso (ossia l’attivazione di aspettative globali nei confronti di ciò che si sta per sentire). La percezione del parlato non è comunque lineare: le interconnessioni tra suoni e tra parole rendono spesso difficile distinguere suoni e parole isolati.

 

 

 

6. Un buon ascoltatore non resta semplicemente in attesa di sentire informazioni: cerca invece di anticipare i contenuti del messaggio “sintonizzandosi” su ciò che si aspetta di sentire, facendo previsioni e usando l’inferenza per fare ipotesi sulla base di indizi. Così si attivano le conoscenze e gli schemi mentali già posseduti per riempire i “buchi” di comprensione.

 

 

 

7. E’ importante saper identificare la struttura delle informazioni tipica dei vari formati comunicativi e tipi di discorso (es. il telegiornale, l’intervista di lavoro, la telefonata per prenotare un albergo) e saper individuare le informazioni importanti o rilevanti in base agli scopi dell’ascolto.

 

 

 

8. I fattori socio-affettivi e motivazionali condizionano molto il modo in cui gli studenti percepiscono i compiti di ascolto, e, di conseguenza, i modi in cui li eseguono. E’ essenziale abbassare i livelli di ansia (che agiscono come filtro negativo) e promuovere un ambiente di apprendimento rilassato ma al contempo stimolante.

 

 

 

 

Strategie didattiche correlate agli otto principi

 

 

E’ una strategia che …

uso spesso

uso qualche volta

mi piacerebbe provare

non è rilevante per il mio contesto

1A. Offro situazioni di ascolto in interazione, in cui due o più studenti giocano a turno il ruolo di parlante e di ascoltatore.

 

 

 

 

1B. Incoraggio gli studenti, durante l’interazione orale, a riconoscere messaggi ambigui o inadeguati e a chiedere aiuto al loro interlocutore, segnalando eventuali problemi e specificando di quali altre informazioni hanno bisogno.

 

 

 

 

2A. Presento situazioni di ascolto in cui il canale visivo integra l’informazione sonora, sia nell’interazione faccia a faccia (es. conversazione, videoconferenza), sia nella comunicazione unidirezionale (es. film, TV, DVD, video clip).

 

 

 

 

2B. Aiuto gli studenti a decodificare il linguaggio non-verbale (come i gesti, le espressioni del volto, gli sguardi, le posture, l’abbigliamento …), anche in relazione ai significati che tale linguaggio assume nelle varie culture e nella comunicazione interculturale.

 

 

 

 

2C. Utilizzo le varie combinazioni di lingue e di codici/canali rese possibili dai nuovi media (es. lingua originale o versione doppiata, con o senza sottotitoli in L1, L2, L3 …), sfruttandole per la pratica della mediazione (es. traduzione e doppiaggio), e per stimolare la comprensione dei rapporti tra lingua parlata e lingua scritta.

 

 

 

 

2D. Sfrutto l’interazione dei canali uditivo e visivo in vari modi (es. visione di una scena senza il sonoro, ascolto di un scena senza le immagini).

 

 

 

 

3A. I compiti di ascolto che propongo specificano (o invitano lo studente a precisare) il più chiaramente possibile lo scopo dell’attività, le informazioni da reperire e le strategie da utilizzare.

 

 

 

 

3B. Incoraggio gli studenti ad usare strategie di pianificazione (prima dell’ascolto: es. farsi domande sui possibili contenuti), di monitoraggio (durante l’ascolto: es. tenere presente ciò che non si è capito) e di autovalutazione (al temine dell’ascolto: es. valutare se è stato raggiunto lo scopo che ci si è posti, che tipo di problemi si sono incontrati e che strategie sono state utilizzate).

 

 

 

 

4A. Cerco di graduare le difficoltà in termini di input (es. varietà e grado di interesse degli argomenti, lunghezza, complessità lessicale, sintattica e testuale dei documenti, presenza di più interlocutori, rumori di fondo).

 

 

 

 

4B. Cerco di graduare le difficoltà in termini di tipi di ascolto (es. ascolto globale, per cogliere il senso generale; ascolto selettivo, per identificare elementi particolari, ascolto intensivo, per ritrovare tutti i significati trasmessi dal discorso).

 

 

 

 

4C. Cerco di graduare le difficoltà in termini della risposta sollecitata dal compito (es. richiedendo risposte sia verbali che non verbali: domande vero/falso, a risposta multipla, a risposta libera; utilizzando immagini da scegliere, da completare, da accoppiare; chiedendo una risposta fisica come compiere un’azione o costruire qualcosa).

 

 

 

 

4D. Cerco di fare in modo che il compito da svolgere sia il più possibile “autentico” (es. capire i generi di film per scegliere quello preferito) - ma non più difficile di ciò che avrebbe fatto un ascoltatore reale del messaggio con le informazioni ottenute!

 

 

 

 

5A. Sensibilizzo gli studenti principianti al nuovo “panorama sonoro” e alle peculiarità fonetiche e ritmiche della lingua, in modo che gradualmente possano decodificare il parlato concatenato (es. facendoli concentrare sui suoni di più difficile percezione per uno straniero).

 

 

 

 

5B. Curo che gli studenti sappiano riconoscere i significati, le intenzioni comunicative e i sentimenti veicolati dall’accento, dal ritmo, dall’intonazione (es. distinguendo tra intonazione discendente di un ordine: Stai qui! e intonazione ascendente di una domanda: Stai qui?).

 

 

 

 

5C. Abituo gli studenti a fare attenzione al co-testo (le parole che precedono e seguono) ed al contesto (l’ambiente, gli interlocutori, la situazione …): li incoraggio a usare simultaneamente varie fonti di informazioni (semantiche e sintattiche, che interagiscono con quelle acustiche e fonologiche), in modo che possano segmentare ed elaborare il messaggio in chunks o unità significative.

 

 

 

 

5D. Incoraggio gli studenti a concentrarsi sul contenuto del messaggio piuttosto che sulle forme linguistiche – ma al contempo cerco di renderli consapevoli di quelle caratteristiche della lingua orale che potrebbero “spiazzarli” (es. le esitazioni, le pause, le frasi incomplete, le ripetizioni, gli errori grammaticali da parte del parlante).

 

 

 

 

6A. Faccio emergere dagli studenti e/o insegno loro parole ed espressioni-chiave che possono aiutarli nel seguire il filo del discorso che ascolteranno.

 

 

 

 

6B. Abbozzo la situazione ed il contesto del messaggio da ascoltare e chiedo agli studenti di esprimere le loro pre-conoscenze ed esperienze.

 

 

 

 

6C. Fornisco agli studenti una traccia del messaggio o mostro loro delle immagini, per indirizzarli verso i probabili contenuti (es. nel caso di un’intervista, elenco le domande dell’intervistatore e faccio prevedere alcune possibili risposte).

 

 

 

 

6D. Faccio esplicitare agli studenti gli indizi che hanno utilizzato prima e durante l’ascolto per fare e verificare ipotesi sui contenuti (es. i riferimenti a persone, luoghi, numeri, date, idee; i “segnali” linguistici come ma, perché, in primo luogo, poi, per finire, ad esempio …; le funzioni linguistiche implicate; le intenzioni e i sentimenti veicolati dal tono della voce …).

 

 

 

 

7A. Mi accerto del grado di familiarità che gli studenti hanno con un certo tipo di discorso e, se necessario, ne faccio emergere e/o chiarisco la struttura-base (es. le sequenze in un testo narrativo, gli stadi in un testo descrittivo di un processo, i fatti rispetto alle opinioni in un testo argomentativo …).

 

 

 

 

7B. Incoraggio gli studenti a sfruttare alcune caratteristiche peculiari della lingua orale come la ridondanza (il fatto che un’informazione può essere ripetuta più volte, anche in forme diverse) e la riformulazione (il fatto che spesso il parlante chiarisce o enfatizza un punto, e che parlante e ascoltatore spesso si ripetono nella conversazione).

 

 

 

 

7C. Sensibilizzo gli studenti a prestare particolare attenzione alle parole accentate, che spesso trasmettono le informazioni importanti (parole come sostantivi, aggettivi, verbi … piuttosto che articoli o preposizioni).

 

 

 

 

8A. Incoraggio gli studenti a non preoccuparsi se non capiscono, e a proseguire così con più fiducia nell’ascolto.

 

 

 

 

8B. Invito gli studenti a fare pratica autonoma di ascolto, tramite i supporti e nei contesti a loro preferiti (es. canzoni, radio, televisione, CD-ROM, video e audio clip, chat, podcasting …).

 

 

 

 

8C. Incoraggio gli studenti a godersi l’ascolto considerandolo come un romanzo giallo, in cui tramite indizi successivi si può risolvere il mistero iniziale.

 

 

 

 

8D. Mi assicuro che gli studenti non percepiscano i compiti di ascolto come un test o una verifica, ma come un lavoro per aumentare il loro senso di competenza.

 

 

 

 

8E. Faccio confrontare a coppie le risposte ad un compito di ascolto prima di controllare le risposte con tutta la classe.

 

 

 

 

8F. Uso tecniche di apprendimento cooperativo in cui i singoli studenti e i gruppi sono responsabili dell’apprendimento reciproco (es. il jigsaw, in cui le informazioni sono distribuite tra gruppi diversi, che devono quindi interagire per giungere ad una comprensione o interpretazione complessiva).

 

 

 

 

 

Suggerimenti bibliografici

 

Anderson A., Lynch T. 1988, Listening, OUP, Oxford.

Beretta N., Gatti F. 2007,  Abilità d’ascolto, Guerra, Perugia.

Cornaire C., Germain C. 1998, La compréhension orale, Clé International, Paris.

Field J. 2009, Listening in the language classroom, CUP, Cambridge.

Nobili P. (a cura di) 2006, Oltre il libro di testo. Multimedialità e nuovi contesti per apprendere le lingue, Carocci, Roma (con ricca sitografia: www.scuolafacendo.carocci.it).


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