Le otto sfide del portfolio

Alcune implicazioni pedagogiche di uno strumento potenzialmente innovativo

  Da: Per Voi - Rivista del Goethe Institut - Gennaio-giugno 2002

Dopo che il Consiglio d’Europa ha lanciato il progetto del Portfolio Linguistico Europeo, si sono moltiplicate in Italia e in Europa le iniziative per la realizzazione e la sperimentazione di “portfolii” per vari livelli scolastici e fasce di età. Già il Consiglio d’Europa aveva riconosciuto, nella sua pubblicazione originaria, il valore formativo, oltre che propriamente documentario, di questo strumento. Tuttavia, le successive sperimentazioni condotte in questi ultimi anni hanno ancor più messo in evidenza come il portfolio possa assumere, specialmente in ambito scolastico, un valore pedagogico e formativo di grande rilevanza.

In effetti, l’introduzione di un portfolio nella didattica quotidiana può costituire un’occasione preziosa di rinnovamento metodologico e didattico, purché se ne chiariscano fino in fondo le implicazioni pedagogiche e formative, e purché si sia disposti a considerare i problemi che apre, non tanto, o non solo, come ostacoli da superare, quanto, e soprattutto, come sfide aperte e stimoli ad un cambiamento anche radicale di prassi magari consolidate.

Scopo di questo breve contributo è quello di elencare e discutere sinteticamente queste implicazioni, che sono state riformulate, appunto in senso positivo e propositivo, in otto sfide.

 

Prima sfida: Il portfolio appartiene allo studente.

Questa affermazione di principio non è solo una dichiarazione di un diritto, ma anche un programma di lavoro: significa promuovere nello studente un senso di appartenenza, che implica un suo ruolo attivo, un suo coinvolgimento personale, una sua seria responsabilità – in una parola, lo sviluppo di una motivazione intrinseca a lavorare per sé e per il “gusto” di produrre, creare e documentare il proprio lavoro. Non è difficile ipotizzare che questo programma possa incontrare difficoltà, specialmente in livelli scolastici avanzati, dove proprio la motivazione intrinseca è latitante, soffocata spesso da motivazioni estrinseche anche importanti, ma certamente limitate (studiare per il voto, per l’esame, per compiacere genitori o insegnanti …). Dietro una sacrosanta dichiarazione di diritti (“il portfolio come proprietà dello studente”) può dunque nascondersi la necessità di un riesame di convinzioni e atteggiamenti, diffusi quanto nascosti, di studenti, insegnanti, e di tutto il “sistema-scuola”.

 

Seconda sfida: Il portfolio è parte del lavoro quotidiano.

Consegue dalla prima sfida la necessità di un’introduzione graduale (e anche parziale, se necessario) del portfolio, e di un sostegno adeguato allo studente da parte dell’insegnante, il che implica fornire opportunità di utilizzo integrate nel lavoro quotidiano. Questa integrazione è particolarmente delicata, perché si tratta, da un lato, di trovare i tempi, gli spazi, le energie e le risorse all’interno del curricolo, ma dall’altro lato, di non sentire o far sentire il lavoro collegato al portfolio come qualcosa di “estraneo” o di “aggiuntivo” rispetto al lavoro quotidiano, in classe e a casa. L’ottica di lavoro è qui cruciale: non si fanno lavori “speciali” allo scopo di poterli introdurre nel portfolio; si lavora invece nella quotidianità e si identificano e selezionano i lavori più significativi per il portfolio.

 

Terza sfida: Il portfolio documenta competenze rilevanti per lo studente.

Il senso di appartenenza del portfolio per lo studente deriva in gran parte dal sentire che è possibile documentare nuove conoscenze e competenze ritenute personalmente significative. Ma studenti (e insegnanti) hanno bisogno di un linguaggio condiviso per “parlare” di queste competenze. Questo implica, non solo la necessità di produrre descrittori di competenze semplici e chiari, adatti all’età degli studenti e alle loro capacità linguistiche e cognitive, ma anche la necessità di fare in modo che gli studenti possano ricondurre questi descrittori a compiti concreti effettivamente svolti, che siano in qualche misura “memorabili”, cioè facilmente recuperabili dalla memoria. In altre parole, ho bisogno come studente di comprendere la descrizione di una competenza, ma ho anche bisogno di riferirla ad un’esperienza che ho vissuto concretamente (un esercizio, un’attività, un progetto …).

 

Quarta sfida: Il portfolio è aperto a documentare anche gli “esiti imprevisti”.

E’ una constatazione quotidiana, oltre che un concetto teorico, che ciò che viene insegnato non equivale a ciò che viene imparato. Non solo gli studenti non “imparano” la quantità di cose che vengono loro “insegnate”, ma possono “imparare” anche cose diverse da quelle poste come obiettivo della programmazione dell’insegnante. Da un esercizio di lettura, ad esempio, che per l’insegnante ha come obiettivo-chiave il miglioramento della comprensione della lingua scritta, lo studente può ricavare (oltre che, nel migliore dei casi, la competenza “attesa” dall’insegnante) anche altri “sottoprodotti”o “esiti imprevisti”: per esempio, uno sviluppo del lessico in un’area di personale interesse, nuove informazioni utili per un proprio hobby o sport, o anche nuovi modi di lavorare con i compagni. Un portfolio veramente personale può e deve documentare non solo, in senso stretto, le “competenze attese” in ambito istituzionale, ma anche, in senso più lato, gli eventuali “esiti imprevisti” in ambito più “privato”.

 

Quinta sfida: Il portfolio documenta i risultati di “compiti” significativi.

Ha senso conservare e valorizzare i risultati di compiti che effettivamente producano nuove conoscenze e nuove competenze. Come si è già visto, deve trattarsi di esperienze che siano riconosciute come personalmente significative dallo studente, il che implica non solo dei contenuti interessanti e motivanti, ma anche un lavoro sui contenuti che sia concreto e attivo, inserito in un contesto e con uno scopo realistico (se non sempre reale) di comunicazione. Spesso questo implica anche la proposta di compiti basati su problemi, che richiedano cioè la messa in atto di strategie, e non solo di comportamenti (cognitivi e socio-affettivi) di pura “routine”. Un’esperienza, in altre parole, ha valore in quanto produce qualcosa di nuovo, ma questo accade se ci si scontra/incontra con problemi che sollecitano comportamenti diversi e creativi. Saranno a questo punto chiare le implicazioni per la progettazione dei compiti (materiali e attività, compresi i libri di testo).

 

Sesta sfida: Il portfolio riconosce e valorizza le esperienze dentro e fuori della scuola.

In un’epoca di apprendimento globale, in cui gli apprendimenti avvengono in più sedi, e non solo in quelle istituzionali come la scuola, un portfolio deve accogliere i risultati di una gamma di esperienze più vasta possibile. Si aprono tuttavia a questo punto alcuni problemi delicati: ad esempio, come si collegano i descrittori degli apprendimenti curricolari con le competenze acquisite anche fuori della scuola (in altri termini, come posso descrivere queste mie nuove competenze in termini riconoscibili e valorizzabili anche in ambito istituzionale)? Non si tratta soltanto di “certificare” dei crediti basati su esperienze anche “esterne” alla scuola, ma, più in generale, di saldare i diversi contesti di apprendimento facendo riferimento alla globalità della persona che impara. Come gli apprendimenti istituzionali cercano di trovare credibilità e riconoscibilità all’esterno, così gli apprendimenti esterni devono cercare e trovare riconoscibilità e valorizzazione all’interno dei curricoli scolastici – e il portfolio può essere uno strumento importante in questo senso.

  

Settima sfida: Il portfolio consente e richiede di riflettere sulle esperienze per dar loro significato.

Il portfolio offre un’opportunità preziosa non solo per raccogliere le testimonianze di esperienze (“faccio cose”), ma anche per estrarre significato, cioè valore, dalle esperienze (“rifletto sulle cose che ho fatto o che sto facendo”), mettendo così a fuoco non solo i prodotti, ma anche i processi attraverso cui si è giunti (o si sta per giungere) a realizzare quei prodotti. Si tratta di promuovere un “itinerario metacognitivo” che associ costantemente azione e riflessione. Non sarà dunque sufficiente documentare di aver soggiornato all’estero per tre settimane seguendo un corso di lingua, ma si potrà riflettere e discutere sui significati e i valori di quella esperienza: che cosa ho imparato? Come ho usato la lingua, in quali circostanze, per quali scopi, con chi e in che modi? Penso di aver migliorato, non solo le mie competenze in quella lingua, ma anche, più in generale, la mia capacità di imparare? Sono cioè diventato un “migliore studente di lingua”?

  

Ottava sfida: Il portfolio seleziona testimonianze visibili di apprendimenti, secondo criteri condivisi.

La funzione del portfolio, e più in particolare del “dossier”, è quella di raccogliere prove e testimonianze degli apprendimenti, non solo di quelli raggiunti, m anche di quelli “in progress”: si documenta non solo la raggiunta padronanza di un obiettivo, ma anche i progressi realizzati nel proprio percorso verso quell’obiettivo. Questa raccolta va dunque aggiornata in modo sistematico e regolare, per testimoniare l’evoluzione nel tempo, sia delle proprie conoscenze e competenze, sia del proprio “profilo dinamico personale” come persona che impara. Il dossier è dunque certamente un raccoglitore di materiali, ma è anche la base preziosa su cui innestare un approccio descrittivo e narrativo ai propri apprendimenti, secondo quell’”itinerario metacognitivo” a cui si è accennato. Fondamentale rimane comunque la chiarificazione e condivisione dei criteri con cui selezionare i materiali, cioè le “testimonianze”: quali lavori includere nel dossier – individuali o di gruppo? Bozze o versioni finali? Lavori realizzati completamente da soli o con il sostegno di compagni, insegnanti, genitori? E per quale motivo è stato selezionato proprio quel lavoro? La consapevolezza di ciò che si è prodotto e del perché lo si ritiene personalmente significativo potrà costituire (e sempre di più con il maturare della persona) un elemento qualificante del proprio processo di selezione.

 

Otto sfide: come si è detto all’inizio, non otto ostacoli da superare con ansia – piuttosto, otto opportunità di crescita graduale e progressiva insieme a (e grazie a) uno strumento dalle grandi potenzialità.

   

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