LA MOTIVAZIONE AD APPRENDERE: VOCI DALLA CLASSE
Per la Storia Mail, Newsletter Bruno Mondadori, n. 5, 2007
Luciano Mariani
Ho condotto recentemente un sondaggio tra insegnanti e studenti di scuola secondaria di primo e secondo grado sulla motivazione ad apprendere a scuola (1). Pur non potendo fornire dati statisticamente significativi, alcune risposte degli studenti mi permettono di offrire alcuni elementi di riflessione su questo importante fattore del processo di apprendimento/insegnamento. In particolare, vorrei considerare due aspetti: la classica opposizione tra motivazione estrinseca e motivazione intrinseca e il ruolo delle attribuzioni causali.
Alla domanda, “In generale, che cosa ti spinge a impegnarti nello studio?”, così hanno risposto Enrico e Serena:
La soddisfazione di avere
voti alti, conoscere cose che mi permettono di capire e apprezzare le cose che
mi circondano. Finché vado bene a scuola posso impegnarmi anche in altre
attività che mi piacciono (questo mi spinge ad impegnarmi nello studio,
in modo da studiare per il minor tempo possibile). (Enrico,17 anni)
La mamma, la voglia di
essere promossa, ricevere il cellulare, poter realizzare il sogno di diventare
veterinaria. (Serena, 13 anni)
Tutti gli insegnanti vorrebbero che i loro studenti fossero
intrinsecamente motivati, ossia che si impegnassero nelle attività
di studio per il gusto e il piacere di svolgere le attività stesse, a
prescindere da fattori estrinseci come, ad esempio, ricompense e punizioni.
Appartiene però anche all’esperienza quotidiana di insegnamento la percezione
che, in realtà, le persone sono motivate da una vasta gamma di fattori
che si distribuiscono su un continuum tra estrinseco e intrinseco, e
questa combinazione di fattori varia da individuo a individuo e anche a seconda
dei tempi, dei luoghi, delle occasioni di apprendimento. Come dicono Enrico
e Serena, si può essere motivati contemporaneamente da una regolazione
esterna (la mamma), da un’interiorizzazione di
obiettivi (la voglia di essere promossa), per arrivare a un’identificazione tra le proposte dell’ambiente e se stessi
come agenti (poter realizzare il sogno di diventare veterinaria)
e ad un’integrazione di scopi e valori con la propria personalità
(conoscere cose che mi permettono di capire e apprezzare le cose che mi circondano)
– senza per questo escludere, all’interno dello stesso profilo motivazionale individuale, altri
fattori più nettamente estrinseci (studiare per il minor tempo possibile).
La natura degli apprendimenti istituzionali, che di per sé contengono elementi di costrizione e di valutazione esterna, condiziona fortemente la dinamica estrinseco/intrinseco, ma nel contempo ci induce a non considerare la motivazione intrinseca come l’unica valida o anche solo la migliore possibile, e ci invita a rivalutare la gamma di fattori di tipo estrinseco che possono spingere una persona a decidere e ad agire. Particolarmente in età evolutiva, i profili motivazionali individuali si trasformano e si arricchiscono, ed è certamente compito della scuola promuoverne lo sviluppo sugli assi dell’autonomia (per una sempre maggiore autoregolazione), della competenza (per una sempre migliore percezione di autoefficacia) e di relazionalità (per un coordinamento sempre più stretto della propria sfera decisionale e comportamentale con quella di altri).
Rispondendo ad una successiva domanda che verteva sulle cause dei propri successi e fallimenti nello studio, Tiziano e Giancarlo hanno affermato:
Intelligenza e capacità
personali influenzano il metodo di studio e l’interesse, perché una persona,
pur impegnandosi, ma non intelligente, non può ottenere buoni risultati.
(Tiziano, anni)
La fortuna è un’illusione
fallace, anche se incide sull’esito delle cose; occorre ottimizzare la preparazione,
i risultati vengono da soli, come i funghi. (Giancarlo, anni)
Tutti siamo intimamente interessati a spiegare la causa degli eventi che si producono dentro e fuori di noi. Tuttavia, la percezione delle cause (risultato delle proprie esperienze di vita e di apprendimento) è un fattore estremamente personale e relativamente indipendente da fattori oggettivi: la percezione soggettiva delle cause del proprio successo o fallimento a scuola è ancora più determinante, ai fini della motivazione ad apprendere, dei successi e fallimenti in sé.
Ad esempio, il ruolo che Tiziano assegna a cause interne e relativamente stabili (come l’intelligenza e le capacità personali) può portare a comportamenti ben diversi rispetto a Giancarlo, che percepisce il successo come determinato non tanto da cause esterne e instabili (come la fortuna), ma soprattutto da cause interne e instabili, nel senso che possono essere modificate e controllate dall’individuo (come la preparazione ottimizzata dall’impegno). E’ in gioco la percezione della controllabilità degli eventi: il mio comportamento sarà ben diverso se ritengo di poter modificare i risultati grazie ad un mio intervento personale o se, al contrario, possiedo una concezione dell’intelligenza come fattore rigido e predeterminato, o una convinzione che tutto o molto dipenda da contesti fortuiti.
Scoprire assieme agli studenti gli stili attribuzionali prevalenti in classe diventa così una linea di ricerca-azione utile e produttiva, e comporta almeno un paio di implicazioni importanti per insegnanti e studenti. La prima è che una didattica che faccia leva su una pluralità di intelligenze (secondo, ad esempio, la teoria delle intelligenze multiple di Gardner (2) può contribuire a far scoprire la gamma di capacità e attitudini, di punti di forza e di criticità, di cui ognuno è portatore. La seconda è che se si riesce a far compiere agli studenti esperienze di apprendimento in cui sia richiesta, oltre all’impegno personale, anche la messa in atto di opportune strategie di apprendimento (3), e se si riesce a far attribuire il successo in queste esperienze alla combinazione di “impegno + strategie adeguate”, forse può essere avviato un “circolo virtuoso” in cui la percezione della propria crescente autoefficacia conduca ad aspettative di successo – una condizione essenziale per affrontare i compiti di apprendimento con la fiducia di poter riuscire.
(1) Si vedano Mariani L., La motivazione a scuola. Prospettive teoriche e interventi strategici. Carocci, Roma, 2006 (da cui sono tratte le citazioni degli studenti) e il sito www.learningpaths.org/motivazione Torna al testo
(2) Si veda Gardner H., Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento. Erickson, Trento, 2006. Torna al testo
(3) Cf. ad esempio
Mariani L. Pozzo G., Stili, strategie e strumenti nell’apprendimento linguistico,
Imparare a imparare, insegnare a imparare.
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