“Posso fare copia-incolla?” – Il plagio nella
scrittura ai tempi di Internet
Lingua
e Nuova Didattica, Anno XLVI, No. 4, pp. 111-123
Luciano Mariani luciano.mariani@iol.it
Introduzione: La “zona grigia”
tra pubblico dominio e copyright
Il
Vocabolario Treccani On Line[1] definisce il plagio
come “il fatto di chi pubblica o dà per propria
l’opera letteraria o scientifica o artistica di altri; anche con
riferimento a parte di opera che venga inserita nella propria senza indicazione
della fonte”[2].
Il plagio si riferisce dunque non solo al fatto di attribuire a se stessi le
parole e le idee di qualcun altro, ma anche alla mancata citazione della fonte
originale, cioè dell’autore, anche se non ne vengono riprodotte le esatte
parole, ed anche se ne viene fatta una parafrasi o sintesi che sia troppo
vicina, per stile e/o contenuto, all’originale. Questa definizione,
apparentemente chiara e incontestabile, nasconde in realtà diversi elementi di
ambiguità e può dare adito a diverse interpretazioni, specialmente quando la
fonte originale non è un’opera cartacea ma una delle mille forme di materiali
scritti (ma anche visivi-non verbali, come grafici, disegni, illustrazioni, video
e audio registrazioni, e così via) con cui oggi si realizzano in Internet la
produzione, la distribuzione e il consumo di conoscenza (dai siti web ai blog, dalle reti sociali alle
biblioteche virtuali …).
Questa
conoscenza sembra non risiedere più (soltanto) in una sede fisica chiaramente
individuabile, e sembra essere prodotta e diffusa da un’intelligenza per molti
versi distribuita nella rete. Si parla spesso di produzione sociale di conoscenza, in cui la scrittura tradizionale,
intesa come prodotto univoco e finito, si mescola facilmente a forme di
ri-scrittura, in cui le informazioni, lungi dall’essere fruite solo
passivamente, sono oggetto di continue manipolazioni da parte di “scrittori”
spesso non identificabili e sconosciuti tra loro stessi. Un aspetto cruciale di
questa scrittura distribuita, “liquida” e pervasiva è che questo processo di produzione e ri-produzione
senza fine è diventato altrettanto, se non più importante, del prodotto, e che la cultura di
riferimento degli scrittori in rete è spesso (anche se non sempre) connotata
dalla collaborazione, dalla cooperazione gratuita, dalla partecipazione, dalla
condivisione tra pari, dal feedback
continuo e immediato, senza un’autorità costituita e riconosciuta che in
qualche modo filtri, organizzi, selezioni.
Tutto
ciò porta facilmente alla percezione
che i materiali presenti in rete siano tutti “di pubblico dominio”, nel senso
che, non essendo individuato o individuabile un produttore, si possano
utilizzare liberamente, spesso inglobandoli in una propria produzione, o
aggregandoli con altri materiali, con o senza modifiche formali o sostanziali.
In realtà il problema del copyright,
o del diritto d’autore, vale per la rete quanto per le fonti cartacee; il
“pubblico dominio” deve essere infatti giustificato da fatti ben precisi, tra i
quali i più importanti sono:
· che
ciò di cui si parla faccia parte di un patrimonio di conoscenze comuni e
ampiamente condivise da tempo (ad esempio, che la proclamazione
dell’indipendenza da parte degli Stati Uniti risale al 4 luglio 1776, o che il
fumo provochi il cancro);
· che
il copyright sia scaduto (in Italia la
scadenza è fissata per legge a 70 anni dopo la morte dell’autore);
· che
il titolare del copyright lo abbia
ceduto al pubblico dominio senza reclamarne i relativi proventi economici. In
tal caso, si definiscono spesso quali usi dell’opera sono permessi e/o a quali
condizioni l’opera stessa possa essere riprodotta (ad esempio, per scopi
educativi).
Tuttavia,
la produzione di materiali in rete ha contestualmente comportato una
ridefinizione delle tradizionali regole del copyright.
Sono così nate nuove forme di concessione d’uso delle opere, come le licenze Creative Commons,
che spesso sono basate su una libera riproduzione (ossia senza il pagamento di
diritti), ma con la clausola che venga comunque citata la fonte, e che i
materiali non vengano utilizzati a fini commerciali, per trarne cioè un
profitto.
Da
tutto ciò si deduce che, in pratica, la citazione della fonte costituisce quasi
sempre un obbligo. Tuttavia, le citazioni non rappresentano soltanto
l’assolvimento di un dovere sancito legalmente, ma anche, e soprattutto, un
comportamento etico irrinunciabile, specialmente quando la propria opera si
inserisce in un contesto di ricerca scientifica (e con questo non ci riferiamo
solo alle pubblicazioni o tesi universitarie propriamente dette, ma anche alle
“tesine”, ricerche, studi o analisi che vengono realizzate a scuola e
all’università). Il fatto di citare un autore, con o senza le sue esatte
parole, costituisce, in positivo, una doverosa identificazione di chi ha
prodotto le idee originali, un segno di riconoscimento di una comunità
accademica o professionale a cui si contribuisce con il proprio lavoro, e il
rafforzamento di questa stessa comunità attraverso la partecipazione ad un
“discorso” di ricerca che unisce passato, presente e futuro, in un lavoro
costantemente in progress.
Le
università, in particolare, definiscono con molta chiarezza i pericoli del
plagio e stabiliscono in genere sanzioni anche gravi, poiché vengono messe in
discussione l’integrità morale e l’onestà intellettuale non soltanto del
singolo responsabile, ma anche dell’intero corpo accademico-professionale. In
genere il plagio e le sue conseguenze vengono specificati chiaramente in
documenti ufficiali che sono portati a conoscenza dell’intera comunità. Ciò non
toglie che la materia sia, dal punto di vista strettamente legale, e in
particolare con riferimento a Internet, piuttosto complessa, dia adito a dubbi
e contestazioni, e sia costantemente oggetto di studi e valutazioni[3].
Il plagio: un fenomeno
diffuso e in parte sottovalutato
Come
abbiamo appena detto, la natura della conoscenza così come si presenta in rete
favorisce la percezione che tutto sia
di libero dominio e quindi atteggiamenti
molto disinvolti nell’utilizzo delle informazioni. Il plagio, e soprattutto il
cosiddetto cyber-plagio nelle sue due
forme principali, ossia la copiatura parziale o integrale di idee altrui e
l’inclusione nel proprio testo di idee altrui senza citarne la fonte, è un
fenomeno molto diffuso, probabilmente molto più di quanto si sia disposti a
credere, e in continuo, allarmante aumento. Citiamo alcuni dati:
· da un’indagine del Josephson
Institute Center for Youth Ethics (2010) risultò che su 43.000
studenti di scuole superiori, il 59% ammise di aver “copiato” durante una
verifica e il 34% ammise di averlo fatto più di due volte. Uno su tre studenti
ammise il plagio da Internet per eseguire un compito;
· un’indagine
di Donald
McCabe, Rutgers University (2002-2005) su 63.700 studenti
universitari di lauree di primo livello e 9.250 studenti di lauree di secondo
livello rivelò che il 36% e il 24% rispettivamente ammise di “parafrasare/copiare
qualche frase da fonti Internet senza riportare la fonte a piè di pagina”, il
38% e il 25% ammise di “parafrasare/copiare qualche frase da una fonte scritta”,
il 14% e il 7% di “inventare/falsificare una bibliografia”, e il 7% e il 3% di
presentare un lavoro fatto da un'altra persona;
· da
un sondaggio condotto da US
News and World Reports (s.d.) risultò che il 90% degli
studenti universitari sono convinti che chi plagia non viene scoperto o non
viene adeguatamente punito[4];
· uno
studio condotto nel 2010 da Compilatio.net
in Italia rivelò che “un quarto delle tesi di laurea contiene più
del 15% di plagio da internet, con dei picchi fino all’85%, che solamente poco
più del 20% delle tesi di laurea contiene meno del 5% di plagio da Internet, e
che quasi il 5% delle tesi di laurea contiene più del 40% di plagio da Internet”.
A
questi dati vanno aggiunti altri fenomeni importanti, anche se meno indagati:
· l’auto-plagio, cioè l’includere in un
lavoro parti già utilizzate in un proprio lavoro precedente (senza citare se
stessi come fonte);
· la
cosiddetta collusione, ossia l’errata
o mancata attribuzione delle parti effettivamente svolte da ciascuno dei membri
di un gruppo in un lavoro eseguito in cooperazione. La collusione può non
essere intenzionale, nel senso che gli studenti possono non sapere come
“citarsi a vicenda” o quali regole seguire in proposito nei lavori svolti in
gruppo (AA.VV. 2017);
· tradurre
un testo da una lingua ad un’altra, senza citare la fonte originale;
· e
naturalmente, presentare un testo parzialmente o integralmente acquisito
attraverso varie fonti, o addirittura acquistato (in rete fioriscono siti che
offrono a pagamento questo tipo di servizi).
Perché gli studenti
plagiano? Convinzioni e atteggiamenti nella scrittura per lo studio
E’
forte la tentazione di distinguere subito tra plagio intenzionale e plagio
involontario, ma la differenza sulla base della “buona o cattiva fede” da parte
dello studente in realtà deve fare i conti con una “zona grigia” in cui non è sempre facile dare giudizi
definitivi. In ogni caso, è molto più produttivo indagare il fenomeno più a
fondo, andando ad esplorare quelle dimensioni nascoste di ogni competenza che
sono costituite dalle convinzioni (o
rappresentazioni cognitive di un fenomeno) e dagli atteggiamenti (o corrispondenti reazioni affettive di accettazione
e di rifiuto), che condizionano in ultima istanza le scelte e i comportamenti
delle persone in un contesto dato.
Mettere
a fuoco convinzioni e atteggiamenti ci porta a considerare, al di là del
“prodotto finito”, con le sue eventuali tracce di plagio, il processo di scrittura sottostante: ciò
ci mette in grado di cogliere le motivazioni profonde degli studenti, che
interagiscono con l’effettivo dispiego delle loro abilità o con le loro
criticità irrisolte.
Una
prima importante considerazione riguarda la percezione
della natura del lavoro che lo studente è chiamato a svolgere, in relazione
anche al tipo di curriculo seguito, alle prassi didattiche, alle indicazioni
metodologiche degli insegnanti, e ai modelli di compiti che incontra nella suo
percorso scolastico e universitario. Ad esempio, uno studente può percepire la
scrittura di un testo espositivo o argomentativo semplicemente come la
dimostrazione di ciò che ha appreso, o l’assemblaggio di concetti o nozioni
derivati da letture o lezioni, senza un’elaborazione personale e originale che
metta in luce le sue idee o i suoi commenti e sviluppi così un discorso almeno
in parte nuovo. In questo caso il ricorso alle idee altrui, citando o meno la
fonte, può essere considerato come una fase inevitabile della stesura. L’insegnante,
d’altro canto, può aspettarsi qualcosa di diverso, e cioè proprio quella
rielaborazione personale che indica la riappropriazione critica di contenuti o
anche la loro espansione in forme originali. Una mancata condivisione e
chiarificazione dello scopo, dei destinatari, del genere testuale e della
corrispondente struttura retorica del testo che deve essere prodotto può così
portare a malintesi, di cui l’utilizzo scorretto delle fonti costituisce solo
una delle possibili conseguenze.
In
questa stessa direzione possono agire fattori culturali. Nelle società in cui
spesso prevale uno spirito collettivistico, come in diverse società orientali,
la fonte della conoscenza (sia essa l’insegnante o un documento scritto) è
vista come un’autorità che non è contestabile, a volte nemmeno ponendo(si)
domande od esprimendo dubbi. Compito dello studente non è di mettere in
questione il sapere che viene trasmesso, ma di memorizzarlo e riprodurlo, in
modo quanto più fedele possibile. Le fonti sono quindi tenute in alta
considerazione, e il ricorrervi o citarle nel proprio lavoro è visto in modo
positivo. In una classe multiculturale questo tipo di problemi dovrebbe essere
tenuto sempre ben presente.
L’ambiente
di apprendimento, e in particolare i sistemi di valutazione, rappresenta da
questo punto di vista una variabile decisiva. Un’insistenza sulla competizione
più che sulla cooperazione, un alto valore attribuito ai punteggi, la
focalizzazione sulle prestazioni e i “prodotti finiti” piuttosto che sullo
sviluppo graduale di competenze attraverso una valutazione formativa, possono
indurre gli studenti più deboli o insicuri a trascurare gli aspetti più
propriamente etici del loro lavoro ricorrendo a pratiche come il plagio pur di
non fallire e di ottenere un risultato comunque positivo. Anche in questo caso,
come si vede, le tematiche psicologiche (individuali) interagiscono
strettamente con quelle socio-culturali: una bassa percezione delle proprie
abilità di ricerca e di scrittura da parte degli studenti può portarli a
credere di non essere in grado di esprimere concetti o nozioni altrettanto bene
della fonte originale, e spingerli così verso il plagio. La situazione può
essere anche peggiore se il plagio è conseguente ad una mancata comprensione
delle fonti, in presenza di testi complessi per i quali mancano le conoscenze
lessicali o le risorse cognitive per l’elaborazione delle informazioni, e che
si può pertanto essere indotti direttamente a copiare.
Molti
altri motivi possono spingere nella direzione del plagio: ad esempio, uno
scarso interesse per l’argomento studiato, la pressione esercitata dai tempi di
studio e di preparazione agli esami o alle verifiche (spesso sintomo di
mancanza di abilità di studio e di programmazione del proprio lavoro), la tentazione
di “scegliere una scorciatoia” rispetto ad uno studio approfondito, la
percezione (errata) che il plagio sia facile da attuare e difficile da
identificare. Ma due ragioni in particolare meritano di essere approfondite:
l’ignoranza della distinzione tra tipi di informazioni, proprie e altrui, di
cui abbiamo discusso in apertura di questo contributo, e la confusione tra il
“copia-incolla”, la parafrasi e altre forme di sintesi delle fonti originarie.
Plagio e processi di
lettura/scrittura per lo studio e la ricerca
E’
a questo punto che il plagio si insinua direttamente nelle fasi (e nelle
relative abilità) di lettura e di scrittura per lo studio o per la ricerca. Si tratta di un processo in cui
lettura (comprensione) e scrittura (produzione) si interfacciano in
continuazione, poiché la stesura di testi di vario genere, lineari e
non-lineari (ad esempio, appunti, sintesi, parafrasi, diagrammi) va di pari
passo con la comprensione delle fonti (ne è anzi uno strumento e una tappa
indispensabili), ed è nello stesso tempo propedeutica alla produzione di un
testo finale, spesso scritto e riscritto in più versioni successive (la prima,
la seconda, la n… bozza di una tesi, di
una “tesina”, di una ricerca, di una relazione, ecc.). Si tratta dunque di un
processo complesso perché ricorsivo,
cioè di andata-ritorno tra le fonti originarie e le forme “provvisorie” di
produzione scritta messe via via in atto dallo studente.
Questo
processo è reso molto più complicato e impegnativo se svolto in Internet: la molteplicità e la contemporaneità dei testi (naturalmente nell’accezione più ampia
possibile dei termini verbale e non-verbale), a volte presenti “a
schermo” contemporaneamente, a volte “spalmati” su più schermate, richiede abilità
almeno parzialmente nuove: allo studente è richiesto di non considerare ogni
testo a sé stante, quanto piuttosto un nodo in una rete di altri testi che possono o non possono condividere tra loro forme, generi, scopi, destinatari.
Costruire una coerenza di significati in queste condizioni, riconducendo la
massa di informazioni ad una sintesi il più possibile originale e personale, è
veramente, come è stato detto, “un’impresa cognitiva di grande spessore”
(Wineburg 1998, citato in Mariani 2016), a cui gli studenti giungono spesso non
adeguatamente preparati.
Non
stupisce allora che la ricerca di informazioni sia oggi solo un primo passo,
relativamente semplice e rapido, rispetto alle operazioni di interpretazione,
selezione, analisi e sintesi che vengono chiamate in causa. E non stupisce che,
di fronte a una sfida così impegnativa, gli studenti possano scegliere la via
diretta del plagio nelle sue varie forme, oppure la via di una collezione di
citazioni, sia pure fornite di fonti, ma che non rappresentano una sia pur
minima sintesi originale e personale dell’argomento trattato.
La prevenzione del
plagio: una prospettiva pedagogica
Da
tempo ormai le università e gli enti accademici cercano di prevenire, o per lo
meno di limitare, il fenomeno del plagio. Innanzitutto, viene attirata
l’attenzione degli studenti sui principi di integrità etica che sottostanno
all’attività di ricerca: questi codici di comportamento, che spiegano anche le
sanzioni previste nei casi di plagio accertato, raramente vanno però al di là
di considerazioni generali di tipo etico, legale e amministrativo, e non
forniscono spesso supporti che aiutino concretamente lo studente a tenere
comportamenti corretti. In altre parole, la tendenza è di focalizzare più i
metodi adottati per scoprire e sanzionare il plagio che i modi per evitarlo.[5] Esistono poi molti
programmi informatici adottati dalle università che, mettendo a confronto i
lavori prodotti dagli studenti con vastissime ed aggiornate banche dati,
permettono di scoprire eventuali plagi[6]; e non mancano guide
dettagliate, ad uso dei docenti, per prevenire, scoprire ed eventualmente
sanzionare il plagio.[7]
Tuttavia,
crediamo che il plagio e i problemi ad esso collegati debbano essere trattati
in una prospettiva pedagogica, che,
mentre rende gli studenti consapevoli dell’importanza del fenomeno, li aiuti a
maturare abilità di studio e di ricerca, insieme ad adeguate convinzioni e
atteggiamenti al riguardo. In tale prospettiva, la prevenzione del plagio,
senza perdere i suoi connotati etici, entra nel vivo del progressivo sviluppo
della competenza di lettura/scrittura per lo studio e la ricerca, accompagnando
gli studenti nelle varie fasi del processo, secondo un itinerario formativo metacognitivo che non si limita ai pur
importanti momenti in cui si realizzano parafrasi e citazioni, ma copre
l’intera gamma delle abilità chiamate in causa. E’ importante inoltre
sottolineare che interventi pedagogici di questo tipo non possono limitarsi al
livello universitario, ma dovrebbero diventare parte costitutiva di un
curricolo di lettura/scrittura che coinvolga tutti gli ordini di scuola[8]. Nel White Paper pubblicato da Turnitin (AA.VV. 2017: 6) leggiamo:
A
lungo termine, il problema richiederà uno sforzo collaborativo da parte di
tutti gli educatori. E’ evidente che le abilità inerenti la parafrasi e le
citazioni devono essere trattate come abilità di scrittura basilari, insegnate
in età precoce come parte di un complessivo curricolo di scrittura. Un articolo
del 2010 di ricercatori di Yale ha preso in esame l’età in cui i bambini sono
in grado di capire che il plagio è moralmente sbagliato. Ciò che hanno scoperto
è stato che i bambini afferrano la nozione all’età di 5 anni, ben prima di
partecipare a corsi di scrittura formali (Olson e Shaw 2010)( traduzione nostra)[9].
In
questa sede non possiamo che elencare e commentare in modo sommario le fasi ai
nostri fini più importanti del processo di scrittura per lo studio, fasi che
hanno tutte un impatto diretto o indiretto sul ricorso al plagio da parte degli
studenti[10].
A. Programmare il lavoro.
La fase della programmazione iniziale non comprende soltanto l’aspetto
temporale (fasi, scadenze, ecc.), ma anche e soprattutto la scelta
dell’argomento, la sua delimitazione e a quale scopo risponderà il testo da
produrre (ad esempio, analisi, discussione, valutazione, resoconto dello “stato
dell’arte” …). Già in questa primo passaggio si evidenzia l’importanza di forme
di scrittura in progress, come una
scaletta, una sintesi, una mappa mentale, un sommario, una bozza in cui,
mettendo a fuoco una tesi o una domanda di ricerca, si può fare un primo
tentativo di trovare un equilibrio tra le proprie idee e le fonti a cui
attingere approfondimenti, commenti, critiche, elementi a sostegno, e così via,
dando il via ad una prima bibliografia di base.
B. Pianificare la ricerca.
Proprio perché una ricerca su Internet può produrre migliaia o milioni di
risultati, è indispensabile chiarire prima di tutto i tipi di informazioni di
cui si ha bisogno (ad esempio, evidenze scientifiche, dati di ricerche, saggi
critici, sintesi storiche, opinioni …), i relativi tipi o generi di testo a cui
attingere (ad esempio, saggi da riviste, bibliografie ragionate, articoli di
giornale, pubblicazioni divulgative …) e le fonti (giornali, università, siti
governativi …).[11]
C. Valutare criticamente
le fonti. Si tratta di una delle operazioni più delicate e
nello stesso tempo cruciali. Tenendo presente che non esiste un “controllo di
qualità” su Internet, occorrerà eseguire una serie di operazioni, quali appurare
chi è l’autore, che posizione occupa, il suo livello di competenza, a quale
eventuale organizzazione fa riferimento; se le opinioni espresse sono
corroborate da dati, riferimenti, ricerche; se ci sono collegamenti ad altre
fonti, e che affidabilità hanno; quanto sono aggiornate le informazioni; qual è
lo scopo anche non manifesto della pubblicazione (ad esempio, informare,
convincere, satireggiare …). Molti dei riferimenti citati in Nota 10 forniscono
utili suggerimenti per affinare la propria valutazione critica delle fonti.
D.
Prendere appunti in modo efficiente.
Gli appunti possono strutturarsi in modi diversi, e sono anche una delle forme
di scrittura più personali, per l’uso che si può fare di elementi verbali e
non-verbali. Essenziale è comunque un’organizzazione degli appunti, tanto più
importante quanto più essi sono numerosi e frequenti, la distinzione netta
(anche tramite colori, evidenziatori, segnalibri, ecc.) tra le idee proprie e
quelle altrui, e l’indicazione precisa delle fonti, base della bibliografia
finale. Nulla è più frustrante di dover rintracciare una fonte a distanza di
tempo dalla sua consultazione.
E. Estrapolare e
selezionare i concetti-base. Gli appunti sono generalmente
finalizzati ad individuare (e trascrivere a parte) i contenuti salienti del
testo che si sta studiando. La mera distinzione tra informazioni “principali” e
informazioni “secondarie” è troppo generica e scarsamente produttiva: in realtà
si tratta di saper differenziare tipi
e livelli di informazioni,
distinguendo, ad esempio, tra affermazioni generali ed esempi, tra categorie ed
elementi, tra cause e conseguenze, tra fatti ed opinioni, tra tesi e
argomentazioni, e così via. La scelta di quali considerare come concetti
“salienti” non può essere operata in termini assoluti, ma dipende dallo scopo e
dal tipo e genere di testo che si deve produrre, che a sua volta determina il
livello di approfondimento e di dettaglio più adeguato. In linea di massima i
punti considerati “salienti” potrebbero implicare la necessità o l’opportunità
di fare riferimento a fonti esterne, citando direttamente o parafrasando, per
una varietà di motivi: ad esempio, per rafforzare le proprie argomentazioni,
per confutare una tesi sostenuta da altri, per aggiungere esempi o
illustrazioni rispetto ai concetti che si stanno trattando, per fornire una
base teorica o una rassegna storica degli studi sull’argomento in questione.
F. Parafrasare.
Si tratta di una forma di riscrittura molto impegnativa, in quanto è stretta
tra la necessità di non riprodurre troppo da vicino la fonte e la contemporanea
necessità di non distorcere le idee originali. Non si tratta soltanto di
sostituire delle parole con dei sinonimi o di cambiare la struttura sintattica
delle frasi, ma di trovare un equilibrio che permetta, tra l’altro, di giungere
ad utilizzare forme proprie e di tessere la trama delle proprie argomentazioni
inserendo ove opportuno quelle, tra le idee altrui, che meglio rafforzano,
chiariscono, sviluppano le proprie. Nel fare questo, la parafrasi permette di
elaborare attivamente e personalmente le informazioni, e rappresenta dunque una
fase importante nella lettura/scrittura per lo studio. Naturalmente la
parafrasi necessita comunque dell’opportuna citazione della fonte originale[12].
Può
essere utile confrontare e discutere le differenze tra le varie forme che può
assumere la parafrasi di uno stesso testo, come nell’esempio che segue:
Testo originale:
A diversi lustri di distanza dalla
diffusione di Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni la
convinzione che i materiali ivi pubblicati o reperibili costituiscano una sorta
di immenso common liberamente appropriabile, sovrapponendo così la facilità di
accesso a tali materiali con la libertà d'uso degli stessi. Le regole del diritto
d'autore, tuttavia, trovano diretta applicazione anche nel contesto della Rete
rendendo necessario un chiarimento sull'equivalenza tra alcuni atti compiuti in
ambito digitale e le corrispondenti condotte in ambito analogico.
Fonte:
Spedicato, Giorgio (2012) Attività
di ricerca e uso dei materiali reperiti in Internet. Abstract della
relazione tenuta al Convegno “Oltre la rilevazione del plagio verso la qualità
della didattica e della ricerca”, 30 novembre 2012, Bologna, http://www.unibo.it/eventi/antiplagio/il-diritto-dautore-in-ambito-accademico-lesperienza-delluniversita-di-bologna-1.html
Rielaborazione A: A diversi lustri di
distanza dalla diffusione di Internet, vi è ancora la convinzione che i materiali ivi
reperibili costituiscano un immenso common liberamente appropriabile. La
facilità di accesso coincide con la libertà d'uso. Ma le regole del diritto d'autore si applicano anche nel contesto della Rete ed è così necessario un chiarimento sull'equivalenza tra comportamenti in ambito digitale e i corrispondenti
comportamenti in ambito analogico. |
Plagio.
La maggior parte dell’enunciato è copiato dall’originale (in neretto le parole riprese
direttamente). Soltanto alcune parole ed espressioni sono state sostituite
con sinonimi o equivalenze. L’autore non è citato, dando così l’impressione
che il testo sia un prodotto originale di chi l’ha scritto. |
Rielaborazione B: Anche
se è ormai da qualche decennio che Internet si è diffusa in ambito
accademico, alcuni pensano che le risorse che vi si trovano, poiché sono
facili da trovare, siano anche liberamente utilizzabili. Ma le leggi sul
diritto d’autore si applicano anche nel contesto di Internet, ed è perciò
necessario chiarire l’equivalenza tra le azioni eseguite in ambito digitale e
quelle eseguite in ambito analogico. |
Plagio.
E’ stata eseguita una parafrasi molto (troppo) vicina al testo originale, sia
pure intervenendo sia con sinonimi che variando la struttura delle frasi, ed
utilizzando connettori diversi. Anche in questo caso l’autore non è citato. |
Rielaborazione C: Come
afferma Spedicato, a diversi lustri di
distanza dalla diffusione di Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni
la convinzione che i materiali ivi pubblicati costituiscano una sorta di
immenso common liberamente appropriabile. E’ come se, essendo facili da
reperire, tali materiali siano anche di libero utilizzo. Le regole del diritto d'autore, tuttavia, osserva ancora
Spedicato, trovano diretta
applicazione anche nel contesto della Rete, per cui è indispensabile
precisare la differenza tra gli atti compiuti in ambito digitale e i corrispondenti atti compiuti in ambito analogico. |
Plagio.
A parte un paio di semplici brevi parafrasi, vengono riprese intere frasi del
testo originale (in neretto le
parole riprese direttamente), di cui si cita l’autore senza fornire i
riferimenti precisi alla fonte. |
Rielaborazione D: Come
afferma Spedicato (2012), “A diversi lustri di distanza dalla diffusione di
Internet in ambito accademico, vi è ancora in alcuni la convinzione che i
materiali ivi pubblicati o reperibili costituiscano una sorta di immenso
common liberamente appropriabile”. Si confonde in tal modo il fatto che i
materiali siano facili da reperire con il diritto a farne un uso libero.
Tuttavia, prosegue Spedicato (ibidem),
“Le regole del diritto d'autore … trovano diretta applicazione anche nel
contesto della Rete rendendo necessario un chiarimento sull'equivalenza tra
alcuni atti compiuti in ambito digitale e le corrispondenti condotte in
ambito analogico”. |
Non plagio.
Autore originale e fonte sono precisati, anche se il testo è costituito quasi
totalmente da citazioni (giustamente racchiuse tra virgolette), dando così
l’impressione che i concetti del testo originale non siano stati compresi e/o
elaborati personalmente. |
Rielaborazione E: Tra
gli utilizzatori di Internet è frequente la convinzione che tutto ciò che si
può reperire in rete sia di per sé libero da diritti, e quindi di pubblico
dominio. Come sostiene Spedicato (2012), si ritiene che “i materiali ivi
pubblicati o reperibili costituiscano una sorta di immenso common liberamente
appropriabile”. Si dimentica invece che le leggi sul diritto d'autore valgono
anche in Internet. Poiché utilizzare una fonte cartacea piuttosto che
elettronica può comportare delle differenze, è importante mettere a fuoco le
responsabilità dell’utilizzatore di entrambi i tipi di materiali. Bibliografia Spedicato, Giorgio (2012) Attività di ricerca e uso dei materiali
reperiti in Internet. Abstract della relazione tenuta al Convegno “Oltre
la rilevazione del plagio verso la qualità della didattica e della ricerca”,
30 novembre 2012, Bologna, http://www.unibo.it/eventi/antiplagio/il-diritto-dautore-in-ambito-accademico-lesperienza-delluniversita-di-bologna-1.html |
Non plagio.
Si nota uno sforzo di rendere i concetti del testo di partenza con parole
proprie, eseguendo cioè una parafrasi personale (anche se il testo risultante
non è un contributo particolarmente originale, soprattutto perché mancano
idee e commenti di chi scrive). La citazione è accurata, sia all’interno del
testo che nella bibliografia finale. |
G. Citare in modo
corretto. Le citazioni possono apparire all’interno del testo
(se brevi, incorporate nella frase e racchiuse tra virgolette; se più lunghe,
in un paragrafo scritto in corsivo o con
carattere più piccolo e con margini più stretti – si veda l’esempio nella
sezione “La prevenzione del plagio: una prospettiva pedagogica” qui sopra), ma
anche assumere la forma di note a piè di pagina o alla fine del testo. Di
solito i riferimenti citati nel testo compaiono poi elencati in ordine
alfabetico in una Bibliografia
finale. Esistono numerosi stili di
citazioni[13],
codificati in regole molto precise, ed è quindi necessario informarsi su quale
debba eventualmente essere usato.
Conclusione
Con
questo contributo si è inteso innanzitutto portare all’attenzione dei docenti
il fenomeno del plagio, affinché, sostenuti da una maggiore consapevolezza dei
cruciali fattori in gioco, essi possano poi intervenire più efficacemente sui
loro studenti. Il plagio è un fenomeno diffuso, a scuola e all’università, ed è
necessario affrontarlo agendo in due direttrici fondamentali. Da un lato, è
importante agire sulle convinzioni e
gli atteggiamenti degli studenti,
chiarendo che cosa si intende per “plagio”, quali forme può assumere, e come si
configura ai tempi di Internet, insistendo in particolare sull’integrità etica che deve caratterizzare
qualunque lavoro di studio e di ricerca. Dall’altro lato, occorre inserire il
plagio nel vivo del processo di
lettura/scrittura per lo studio, in quanto esso tende a manifestarsi
proprio nei momenti cruciali dello sviluppo della relativa competenza, quando
cioè gli studenti devono appropriarsi delle informazioni e rielaborarle in una
sintesi originale. Una prospettiva
pedagogica metacognitiva risulta così determinante per fornire agli
studenti dei supporti didattici che, facendo crescere la loro consapevolezza,
li aiuti a diventare competenti scrittori, affinando le loro abilità e rendendo
così sempre meno probabile il ricorso al plagio.
Riferimenti
AA.VV., 2010, Il plagio
nelle tesi di laurea italiane,
Compilatio.net in collaborazione con Tesionline.
AA.VV., 2017. Not
All Plagiarism is Created Equal. How Instruction Can Protect Institutional
Reputation,
Turnitin.
Mariani L., 1990, Strategie per imparare. Test ed esercizi alla scoperta di un
metodo di studio personale, Zanichelli, Bologna (2a
ediz. 1996).
Mariani
L., 2016, “Convinzioni, atteggiamenti, motivazioni: la dimensione nascosta del saper leggere”, Lingua e Nuova Didattica, Anno XLV, No. 4, Novembre 2016, pp.
131-145.
Olson K.R., Shaw A., 2011, “’No fair, copycat!' - What children's response to plagiarism
tells us about their understanding of ideas”, Developmental
Science, 14,
2, pp 431–439.
Wineburg S., 1998, “Reading Abraham Lincoln: An expert/expert study in
the interpretation of historical texts”, Cognitive
Science, 22, pp. 319–346.
www.learningpaths.org luciano.mariani@iol.it
[1] I collegamenti Internet presenti in
questo contributo erano attivi e funzionanti alla data del 25/8/2017.
[2] L’altra importante definizione di plagio, non rilevante ai nostri fini, è “figura criminosa consistente nel sottoporre un individuo al proprio volere, esercitando su di lui un particolare ascendente intellettuale e morale in modo da ridurlo in totale stato di soggezione, annientandone volontà e personalità (la norma che prevedeva, nel codice penale italiano, il delitto di plagio è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella sua totalità dalla Corte Costituzionale nel 1981)” (ibidem).
[3] Si vedano a titolo di esempio la
sezione del sito dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM)
dedicato al diritto d’autore online, e i siti StudioLegaleOnline e Educational CyberPlayGround.
[4] I dati sin qui
citati sono forniti in un sito dedicato specificamente al plagio: Plagiarism.org
[6] Uno dei più famosi e diffusi
programmi è Turnitin,
il cui sito offre anche molti materiali di grande utilità per gli studenti,
oltre che per i docenti. In ambito italiano segnaliamo la collaborazione tra il
già citato Compilatio.net, un “software di sorveglianza e rilevamento delle
similitudini da Internet”, e Tesionline, una banca dati su cui i laureati possono pubblicare
gratuitamente le loro tesi, e i cui dati sono confluiti nel database di Compilatio.net.
[7] Si vedano ad esempio le strategie per i
docenti
fornite dal sito VirtualSalt, così
come la sezione Plagiarism and Anti-Plagiarism della Rutgers University, la
sezione Plagiarism Prevention della University of
Wisconsin-Platteville e la Plagiarism
Theme Page del
Community Learning Network. Tutti questi siti offrono numerosi collegamenti ad
altre fonti e bibliografie aggiornate. Si segnalano
inoltre i materiali di un Convegno organizzato dall’Università
di Bologna (“Oltre la rilevazione del plagio verso la qualità
della didattica e della ricerca”, 30 novembre 2012).
[8] La letteratura sugli study skills o abilità di studio è stata
e continua ad essere molto ampia, soprattutto con riferimento a testi di
esercizi e attività per gli studenti. Il testo di Mariani (1990, seconda
edizione 1996), ad esempio, destinato a studenti della scuola secondaria di
secondo grado, focalizza aree importanti come la lettura orientativa, la
rielaborazione, le tecniche e gli strumenti per prendere appunti, la lettura e
la costruzione di tabelle, grafici e diagrammi, le strategie di documentazione
e consultazione.
[9] Esistono
materiali pedagogici che affrontano il tema del plagio anche per giovani
studenti: ne è esempio www.AdinasDeck.com, un
DVD, rivolto a studenti di scuola media, che presenta la tematica sotto forma
di serie televisiva.
[10] I siti dell’Università di Padova (Scuola di Psicologia), di Pavia (Facoltà di Scienze Politiche), del Politecnico di Milano e dell’Università di Verona/Compilatio.net forniscono utili guide per gli studenti. Molte università di area anglosassone offrono guide dettagliate e tutorials ad uso degli studenti: si vedano ad esempio i siti della Middle Georgia State University, della Northwestern University, della Pennsylvania State University, della Simon Fraser University, della University of Maine, della University of Maryland, della Indiana University, della Western Washington University, nonchè l’Online Writing Lab della Purdue University, il modulo Study Skills della University of Leicester e il già citato sito specializzato Plagiarism.org Esempi di altre risorse di carattere divulgativo sono WikiHow e Scribbr ; un interessante quiz (Plagiarism-by-Paraphrase Risk Quiz) è disponibile sul sito del Goucher College.
[11]Ad esempio, Google Chrome mette a
disposizione vari tipi di filtri per
restringere le ricerche: così, se immettendo le parole riscaldamento globale si ottengono (alla data del 25/8/2017) 3.080.000
risultati, selezionando il filtro .org
la ricerca si restringe a “soli” 36.100 risultati, con il filtro.edu a 1.340 risultati e con il filtro .gov a 36 risultati. Vale dunque la pena
di familiarizzarsi con le opzioni di
ricerca avanzata dei motori di ricerca.
[12] Il già citato sito VirtualSalt
fornisce una serie organizzata di materiali per studenti, che coprono l’intera
gamma delle abilità di studio e ricerca, compresa la parafrasi
e riassunto. Indicazioni dettagliate sull’uso delle fonti (e molti altri aspetti della
scrittura per lo studio e la ricerca) si trovano sul sito del Nesbitt-Johnston Writing Center -
Hamilton College.